In questa ristrutturazione pesante il problema più grande è stato passare dagli scuroni esistenti alle tapparelle a scomparsa, andremo a vedere quali sono stati i passaggi necessari per trovare una soluzione fattibile ad ogni problema che abbiamo incontrato.
In questa ristrutturazione pesante gli architetti volevano rendere più pratica, più moderna e più luminosa la villa appena acquistata dai loro clienti. I 3 giovani architetti erano appena usciti dall’università ma oltre ad avere le idee chiare avevano anche la “grinta da cantiere” e l’apertura mentale di sapere ascoltare gli artigiani -tra cui noi- che eseguivano i lavori.
Durante il primo incontro mi dissero che dovevano assolutamente eliminare gli scuroni e passare ad un sistema avvolgibile, potete solo immaginare il mio stupore e il mio scetticismo sull’eseguire questo tipo di operazione su una villetta anni 80 costruita in cemento armato con architravi già definite e aggiungo in un intervento dove non era previsto nessun tipo di cappotto esterno.
Indice
Il primo sopralluogo con metro
La villa era costruita tutta in cemento armato – l’architetto di allora aveva fatto un ottimo lavoro a livello architettonico – e le architravi esterne andavano mantenute, così come il bellissimo parquet in legno. già mi immagginavo tutte le macerie dei mesi avvenire.
Le richieste erano di avere un sistema avvolgibile e doveva essere a scomparsa perchè l’impronta di stile che volevano dare agli arredi era il minimalismo nella sua forma più pura, zen.
Come prima cosa misuro lo spessore del muro, avevamo 41cm totali – una bella sezione – però l’architrave esterna non andava toccata e ipotizzando uno spessore di 10-12 centimetri ne rimanevano solo una trentina per la tapparella.
La D.L. mi informa che volevano anche una buona sicurezza ed un buon abbattimento acustico, non eccessivo perchè eravamo in zona residenziale ma buono perchè a 50 metri c’era una strada abbastanza trafficata.
Facendo una botta di conti al volo capisco che l’intervento era molto difficile ma non impossibile, il vincolo erano chiaramente le architravi esistenti in cemento armato e per capire esattamente lo spazio a disposizione occorreva un sondaggio.
Il secondo sopralluogo con martello e scalpello
Gli architetti chiamano l’impresa edile che mette qualche cartone per preservare il parquet e con martello e scalpello inizia a demolire il muro interno sopra un finestra. Dopo qualche minuto di martello riusciamo a vedere la trave sotto all’intonaco e possiamo misurare l’altezza utile: la bellezza di soli 22cm.
22cm è praticamente il diametro della sola tapparella, manca ancora il cassonetto, gli sfiori necessari ecc.
Mi segno le misure e torno in ufficio per trovare una soluzione. Trovo una tapparella in alluminio estruso con le lamelle alte solo 27mm e con diametri di avvolgimento ridotti. Bingo! Con questa tapparella possiamo ottenere spazi ridotti e maggior sicurezza rispetto ad una classica tapparella in pvc o alluminio coibentato.
Il diametro minimo era 165 millimetri ed il massimo 210. Vedevo uno spiraglio di luce di fattibilità. Questi ingombri mi davano anche qualche possibilità e spazio per tentare di attenuare tutti i ponti termici delle travi in cemento armato.
La tapparella è abbastanza pesante ma dovendo prevedere tutte le tapparelle motorizzate il peso non era un problema.
Terzo sopralluogo, si aprono tutte le fienstre
Abbiamo deciso di fare sondaggi in ogni finestra perchè lo spazio era troppo limitato e non potevamo rischiare che in qualcuna delle 31 finestre avessimo avuto un problema che compromettesse tutto il progetto.
Faccio notare una cosa, in questa fase seppur avanzata non avevamo fatto ancora nessun preventivo, non c’erano i presupposti per poter fare un preventivo veritiero e soprattutto fattibile.
Quando torno in cantiere e misuro tutte le finestre mi rendo conto che la prima era la “peggiore”, nelle altre posizioni avevamo 25-26 centimetri di media e in spessore avevamo dai 25 ai 28 centimetri disponibili.
I muri erano molto diversi uno dall’altro, come spesso avviene nelle ristrutturazioni e queste differenze nel nostro caso comportavano delle progettazioni di controtelaio diverso per ogni foro non sono nelle dimensioni LxH ma anche di profondità e di altezza cassonetto.
Dal cantiere all’ufficio tecnico
Una parte fondamentale del lavoro di serramentista evoluto è quella di progettazione, ogni buon lavoro parte da una buona progettazione.
Nel caso della ristrutturazione oggetto di questo articolo dovevamo mettere insieme: ingombri ridotti, assenza di cassonetti a vista e attenuazione dei ponti termici.
La miglior soluzione possibile che andava nella direzione di tutti 3 i problemi da risolvere era un monoblocco isolante “miniaturizzato”. Abbiamo deciso di utilizzare un monoblocco custom – su misura – e non di quelli a tunnel prefabbricato perchè ci avrebbe permesso di crearne uno diverso per ogni finestra in quanto ogni finestra aveva architravi posizionate diversamente.
Il monoblocco classico prevede un “tunnel” con una parte interna ed una parte esterna, abbiamo eliminato quest’ultima parte per recuperare spazio appoggiandoci direttamente all’architrave esistente con un monoblocco ad “L”. Inoltre la parte eliminata con contribuisce mai all’isolamento essendo nella parte fredda e ventilata del cassonetto.
La parte superiore del monoblocco in EPS ci avrebbe aiutato ad attenuare i ponti termici del cemento armato cosi come le 2 spalle laterali dove avevamo tutto lo spazio che volevamo e lo abbiamo sfruttato con spalle da 85 millimetri.
Usare spalle da 85 ci permette di avere un monoblocco di forma regolare senza i cosiddetti “nasi” del cassonetto che rendo difficile e complessa la preparazione del foro da parte dell’impresa edile.
Semplificare le lavorazioni a tutti gli artigiani che lavorano in cantiere è essenziale per avere meno problemi e più possibilità di fare un ottimo lavoro, inoltre ci si fa tanti “amici” che in cantiere aiutano sempre.
Preventivo della soluzione ottimale
Una volta trovata la soluzione ottimale abbiamo provveduto alla stesura del preventivo che non sarebbe stato possibile fare “sulla carta” come nella maggior parte dei casi più comuni.
Nel preventivo abbiamo previsto infissi in alluminio minimale a taglio termico con vetri di sicurezza 44.4+16+33.2 basso emissivi 1.0w/m2K con canaline termiche. Questi vetri ci garantivano una buona sicurezza all’effrazione e al contempo una buona prestazione di abbattimento acustico oltre a 40dB che era sufficiente per il tipo di richiesta fatta dalla D.L.
Il colore scelto è stato il bianco segnale, RAL 9003 che abbiamo utilizzato all’inizio con un pò di scetticismo ma a lavoro finito si è rivelato l’uovo di colombo per ottenere luminosità e minimalismo. tutti i serramenti, le tapparelle, le porte, i mobili e le parete sonos tate verniciate con questa tonalità RAL ed il contrasto con il parquet lo rendo ancora più bello.
Le tapparelle in alluminio estruso – molto più resistenti di una tapparella normale – sono state dotate di chiusura automatica “seckurblock” che ne va ad aumentare la sicurezza in chiusura. Quando le tapparelle vengono chiuse, il sistema ne blocca il sollevamento automaticamente.
In seguito abbiamo integrato anche le zanzariere a scomparsa senza perdere luce e dello stesso RAL9003 dell’infisso.
La posa in opera
Abbiamo seguito la posa in opera dei monoblocchi aiutando l’impresa nel montaggio degli stessi e fornendo i giusti prodotti come schiuma elastica e barriere al vapore che difficilmente un’impresa edile trova dai propri fornitori. Troppo spesso o visto posare i telai o con solo cemento o con schiuma “da coppi”.
La posa degli infissi è stata eseguita con nastri termoespandenti, un BG1 15/2-5 nella parte esterna – in battuta – ed un multifunzione 56/4-9 nella parte mediana.
Particolare attenzione nella posa di un infisso fisso ad angolo di 90° senza montante e di un vetro fisso come taglio di luce da 330x90cm montato a filo muro esterno. Per queste 2 soluzioni si è scelto il solo infisso senza tapparella ed è stato utilizzato un controtelaio termico in multistrato marino.
Abbiamo avuto anche la difficolta di installare 2 finestre apribili ad angolo di 90° ed uno scorrevole panoramico, senza una progettazione accurata in ufficio la posa in opera di queste 2 soluzioni probabilmente non sarebbe stata perfetta e senza intoppi. Il progetto serve sempre ma nelle soluzioni più particolari è ancora più importante.
Molta attenzione anche nella posa in opera delle porte rasomuro a bilico, soluzione scelta perchè gli architetti non volevano mazzette a vista e volevano porte più larghe del canonico 80cm. Abbiamo dovuto fare smontare e rimontare i telai murati dall’impresa più volte e ogni volta controllarne il piombo con il laser, queste porte non perdonano e le predisposizioni vanno posate al millimetro.
Ora ti lascio alle foto del risultato finale dopo tanta fatica e sudore, è stato un cantiere molto difficile ma alla fine ci ha regalato tante soddisfazioni, esperienze e nuove competenze che in parte ho voluto condividere con te.
Ciao e al prossimo articolo,
William Bisacchi
Articolo pubblicato sulla rivista Showroom Porte & Finestre di aprile 2022
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